Il fascino perverso del cantautorato italiano è che, se di buona fattura, bastano un paio di giri di piatto a far decadere tutti i propositi preventivi (e, ammettiamolo, spesso prevenuti) di non perdere tempo dietro all'ennesimo, pallosissimo menestrello.
Ed è proprio dalla noia che bisogna partire per descrivere il terzo lavoro del palermitano Nicolò Carnesi, non fosse altro perché la parola è presente nel titolo, arricchita da un aggettivo che ne ribalta l'accezione negativa. E ”Bellissima Noia” si chiama anche l'ottima opening track.
Questo non è per dire che sia un disco noioso, ma che pur avendo apparentemente tutti gli ingredienti per annoiare, alla fine non lo fa mai veramente e anzi si rivela ascolto dopo ascolto, con brani che s'incollano in testa pian piano e tengono alla distanza. Se esistesse nel vocabolario, si potrebbe usare la parola “morbistenti”, ma “soft-power” è forse il concetto che più rende l'idea dell'album.
Gli ingredienti più o meno sono sempre gli stessi: melodie, afflato pop, sapori retrò, archi, fiati, cori, ecc. Ma è l'amalgama a fare la differenza, e i rimandi alla grandeur della musica nostrana, da Battisti (Lo Scherzo Infinito) a Battiato (Lo Spazio Vuoto) a Dalla (la title-track), diventano punti di forza invece che ovvi approdi. La farina del suo sacco, invece, Carnesi la mette attingendo dentro di sè, tra pop song come Lettera A Un Figlio e ballad evocative che brillano per intensità dell'interpretazione (Fotografia) e per profondità dell'introspezione (Il Lato Migliore).
E poi tutto regge alla grande: scrittura, arrangiamenti e una produzione a cura dello stesso autore, insieme a Donato Di Trapani e Fabio Rizzo (Dimartino, Pandeldiavolo, Waines), che si mantiene in equilibrio tra la cifra acustico/elettrica data da piano e chitarre e quella elettronica vintage.
Articolo del
18/10/2016 -
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