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Adam Green
Aladdin
2016
Revolver Distribution Service
di
Nicolina Di Gesualdo
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Bisogna fare subito una premessa: Adam Green rappresenta tutto ciò che non ti aspetteresti da un cantautore degli anni 2000: spunti sixties, elementi cabarettistici e una discreta dose di follia. Ancora poco conosciuto in Italia e molto amato negli States, in “Aladdin” il cantautore statunitense conferma il suo stile essenziale, naif, leggero e scorrevole, approfondendo la strada già tracciata dalle precedenti produzioni. Nonostante la giovane età, infatti, Mr. Green è un musicista molto prolifico, che vanta già ben otto album da solista negli ultimi dieci anni e centinaia di concerti in tutto il mondo. Difficile questo suo ultimo lavoro: definirlo un’ “opera pop” sarebbe sicuramente riduttivo, considerando i notevoli passaggi di pura psichedelica, le venature di folk (Gemstones) o le improvvise virate caraibiche (Birthday Mambo<(i>). Le classificazioni poi, nel caso specifico, sono totalmente prive di significato. Green è imprevedibile e, pezzo dopo pezzo, tira fuori dal suo “centrifugato musicale” il romanziere d’annata, con timbro tipicamente à-la Leonard Cohen (Phoning in The Blues), o si incarna in un moderno Zappa in grado di esercitare un perfetto controllo artistico sulla sua opera. Il cantautore di New York per tutta la durata del disco narra la sua personale fiaba, che scorre veloce (nonostante i diciannove pezzi totali) e si digerisce come un bicchier d’acqua. Sicuramente Mr. Green o lo si ama o lo si odia fin da subito, perché non può definirsi un artista alla portata di tutti. Noi, ad ogni modo, abbiamo già scelto da che parte stare.
Articolo del
11/07/2016 -
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