Atmosfere da film poliziotteschi, elettronica vintage, cavalcate morriconiane, attitudine groovy, richiami all’afro-beat, all’hip-hop, all’alternative rock. Ma anche moog, tastiere, mellotron, wah-wah, …Questo e molto altro è l’omonimo lavoro d’esordio de La Batteria, quartetto romano che mette assieme le esperienze musicali più disparate. La formazione, infatti, è composta da quattro veterani della scena musicale capitolina: Emanuele Bultrini, Paolo Pecorelli, Stefano Vicarelli e David Nerattini, in passato tutti coinvolti a vario titolo in progetti e collaborazioni che vanno dal post-rock progressive (La Fonderia) al pop (Nicolò Fabi, Daniele Groff, Otto Ohm) fino al jazz sperimentale (I.H.C.), l’hip-hop (Colle der Fomento) e la world music (Orchestra di Piazza Vittorio). La ‘Batteria’ del titolo non è ovviamente intesa come pila alcalina ma come «gruppo di uomini e donne specializzati nel perseguire rapine a banche, uffici postali, gioiellerie, e il cui aspetto illegale si può ricondurre anche alle agitazioni politiche e sociali dell’epoca dei cosiddetti anni di piombo». Ascoltando questo lavoro, il primo pensiero va a “World Music”, l’esordio di un paio d’anni fa degli svedesi Goat, che però era più sciamanico e apolide. Qui invece è Roma il centro di gravità, poiché il disco è stato concepito negli stessi ambienti in cui vennero prodotte quelle colonne sonore che oggi fanno impazzire gli amanti del ‘pulp’. L’immaginario, infatti, è quello anni 60/70 che va da Ennio Morricone a Stelvio Cipriani, Bruno Nicolai, Goblin e Marc 4 (il disco, tra l’altro, è stato masterizzato negli storici studi Telecinesound di Maurizio Majorana, bassista dei Marc 4). Anche a livello grafico, l’album gioca con gli stessi elementi e con lo stesso corto circuito fra presente e passato, grazie al logo - molto cinematografico - disegnato per la band da Luca Barcellona (aka Lord Bean) e alla cover realizzata da Emiliano Cataldo (aka Stand). Per non parlare dei titoli delle canzoni: secchi, espliciti, che fanno pensare a film immaginari (Vigilante, Scenario, Dilemma, Incognito, Persona Non Grata,…). Realtà e fantasia. Passato e presente. La Roma di ‘Romanzo Criminale’ e quella di ‘Mafia Capitale’. Ma non si tratta di una mera operazione di recupero, quanto del tentativo di riappropriarsi di uno stile del passato per proiettarlo nella contemporaneità. E così, fra le pieghe di questo ‘cinematic prog-funk’ ritroviamo le influenze più disparate, filtrate attraverso una sensibilità tipicamente italiana. Perché fondamentale è la continuità non solo sonora con quell’Italia che sapeva osare bilanciando alla perfezione arte e fattore commerciale. Oggi forse un’operazione del genere è meno rischiosa ma non per questo va bollata come revival o ‘tarantinata’. Perché quelli de La Batteria non avranno inventato nulla, ma alla fine – oltre a scriverla - bisogna pur saperla suonare, musica come questa. E loro lo fanno alla grande.
Articolo del
19/02/2015 -
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