Non solo musica, ma anche un punto di incontro per la cultura e soprattutto per gli studenti. Uno dei punti cardini di questa decima edizione del Fara Music Festival sarà, infatti, la didattica della Sabina Summer School. Sarà questo il luogo in cui si troveranno gli studenti e il vero centro propulsore dei seminari e master class dell’intera rassegna.
Quali sono, dunque, i punti di forza di questa iniziativa? Perché la Sabina Summer School continua ad attrarre un numero sempre crescente di studenti? Lo abbiamo chiesto a Cinzia Spata, presente nel ruolo di docente dopo aver partecipato già a tante edizioni del Festival.
Fara Music non è solo un Festival ma per molti e soprattutto per gli studenti è anche un’esperienza di vita e di studio con la Summer School:
Quali sono quindi gli imput che i ragazzi possono ricevere da un’esperienza del genere? Fara Music Summer School dà la possibilità agli studenti di incontrare molti “musicisti/docenti” da cui ricevere preziosi consigli, insegnamenti ed informazioni. Inoltre aiuta anche a fare nascere amicizie e collaborazioni musicali tra i ragazzi stessi. Io insegno a Fara Summer da 9 anni ed ogni estate gli allievi partono da Fara con un grande bagaglio di materiale ed esperienza musicale da cui attingere per proseguire gli studi durante i mesi successivi.
Il fatto che all’interno della rassegna ci sia un personale misto, fatto di docenti italiani ed internazionali può essere un valore aggiunto per la rassegna? Direi proprio di si! In Italia ormai ci sono moltissimi musicisti ben preparati che nulla hanno da invidiare agli insegnanti provenienti da altri paesi (USA/Israele) ma, per i giovani musicisti/allievi, è sempre un’ottima opportunità quella di incontrare e lavorare con insegnanti internazionali, confrontarsi con i loro metodi e la loro didattica, verificare con mano come si studia nel resto del mondo.
Trovo questo tipo di organizzazione, ideata da Enrico Moccia, veramente interessante e stimolante. In sintesi, dal momento che hai già partecipato in qualità di docente, quali sono secondo te i punti di forza della didattica della Summer School? A Fara si studia molto, ci si impegna, ci si incontra mattina e pomeriggio, il numero di ore d’insegnamento è elevato, inoltre si vive insieme (allievi e docenti) e questo crea un’atmosfera emotivamente coinvolgente. La didattica punta molto sul suonare insieme ed è quello di cui i ragazzi hanno più bisogno.
Può essere anche un punto di incontro dove possono nascere collaborazioni e dove possono nascere sinergie fra musicisti? Come dicevo prima, è successo che tantissime volte siano nate collaborazioni tra gli allievi stessi durante il seminario; alcune di queste sono proseguite nel tempo e questo rende onore a Fara Summer! Anche la formazione dei gruppi tra i docenti che suonano al Festival è molto interessante e porta ad esibirsi con musicisti diversi. Io, per esempio, ho avuto modo di ospitare Umberto Fiorentino, strepitoso, sofisticato ed intelligente musicista, nel mio primo concerto al Festival, mentre, in una seconda occasione, sono stata ospite nel progetto di Israel Varela dove ho avuto il piacere di reincontrare musicalmente Alfredo Paixao.
In che modo organizzerai i seminari e quali saranno i percorsi didattici che organizzerai all’interno delle Summer School? La formula del seminario di canto jazz è vincente, intendo dire che negli anni ha funzionato perfettamente e quindi la ripropongo. Le ore di incontro con i miei studenti sono 6 al giorno. La mattina ci incontriamo per 3 ore con un trio formato da giovani professionisti e lavoriamo sulla musica d’insieme, sulla gestione del repertorio e degli arrangiamenti, sull’interplay e sull’interpretazione. E’ un vero e proprio laboratorio di studio dove si lavora sui brani anche in modi diversi, spesso cambiando stile o tipo di meter. Si fa musica imparando e la cosa che più mi riempie di gioia è avere la totale disponibilità, partecipazione e sostegno dai ragazzi del trio. Il pomeriggio ci ritroviamo per la lezione di jazz per altre tre ore. In classe affrontiamo warm up con le sillabe per l’articolazione, tecnica applicata ai brani, armonia, interpretazione, improvvisazione. Trattiamo moltissimi argomenti e mai solo dal punto di vista teorico, per esempio lo studio dell’armonia è applicato, noi cantiamo arpeggi degli accordi e scale ma anche strutture armoniche e fraseggi.
Quanto è importante la musica d’insieme ed il confronto con altri musicisti per gli studenti che partecipano a questo tipo d’esperienza? Beh, mi sembra di aver già fatto notare che lavorare sulla musica d’insieme è molto importante. Oggi come oggi la tecnologia ci fornisce talmente tanti supporti che si rischia di trovare giovani musicisti che studiano da soli e che non hanno mai suonato con altri. Questi supporti sono ottimi per studiare, magari li avessimo avuti noi anni fa, ma usando per esempio le basi, si rischia di meccanicizzare la musica. Non ci sono teste pensanti, non ci sono imprevisti, non c’è scambio di idee, non c’è interplay! La musica vera si fa con gli altri, si crea, si rischia e durante le classi di musica d’insieme tutto questo è quello che avviene, si impara a diventare veri musicisti!!!
Articolo del
30/06/2016 -
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